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The Catcher in the Rye
E’ l’evento del secolo… o del minuto?

Oramai illudersi è peccato, quasi quanto lo è criticare a priori, voi/noi tutti, illuminati partecipanti a questo meraviglioso baraccone della net-generation, perché lo sappiamo tutti. Leggevo in un testo firmato LB, qualche tempo fa che i naviganti noi/voi hanno interiorizzato la relatività assoluta, l’inevitabile mancanza (sulla rete e forse non solo lì…) di ogni punto di riferimento certo, di ogni sicurezza, le identità nazionali, culturali fisiche e sessuali si sgretolano sempre più facilmente, e sempre più la necessarietà delle cose svanisce. Questo è un salto concettuale molto forte, anche se non è nato (contrariamente a quanto si dice…) con la rete, ma è molto più antico, e quella che noi stiamo vivendo è forse l’ultima fase di un processo evolutivo che l’uomo porta con se da molto tempo, da quando ovvero ha cominciato ad usare i primi attrezzi, da quando si è fatto mediare da tecnologie di volta in volta differenti. Ed in questo contesto caotico e contaminato (lode a FAM…) ogni accadimento viene decontestualizzato, diventa un evento, privo di qualunque specificità, viene formato in quanto “evento mediatico”, depurato di tutto quel che può risultare endemico e spedito nell’etere in maniera tanto forte da rendere irrintracciabile la vera origine. Così è per qualunque informazione, le categorie di mittente e ricevente sono sempre più labili ed indistinte. A questo proposito abbiamo un illustre e perfetto esempio nella politica internazionale dei mesi scorsi Un evento importante per molte ragioni, per motivazioni storiche, economiche, sociali, umane ma anche significativo, se guardato dal punto di vista della rete. La guerra nel Kosovo, ultimo rigurgito in ordine di tempo di violenza seguita alla disgregazione del blocco orientale ed all’ordine che su di esso si reggeva. Ma la guerra in Kosovo è stata anche una guerra in rete e di rete, una guerra che ha visto per la prima volta protagonista il pluralismo (e non l’obbiettività…) garantito dalla rete, la prima guerra che ha portato con se attacchi a computer sparsi per il mondo, chiusure di server (Radio 92, ad esempio…) e diffusione di notizie in tempo reale… è una guerra che per chi l’ha seguita sulla rete è sembrata senz’altro molto più combattuta e anche molto più ambigua. La guerra del Kosovo era la prima guerra che avveniva nel periodo di Internet, e quindi... dell’informazione in quanto tale e atemporale ed aspaziale. Non avete notato come era difficile “prendere posizione”? Com’era impossibile distinguere i buoni dai cattivi? Le vittime dai carnefici? Per tornare al discorso sull‘evento: questa guerra è sparita. Sparita, mai esistita, firmato un pezzo di carta, i profughi sono tornati a casa..., i militari sono tornati alle loro caserme e neanche la presenza di 50.000 uomini che quotidianamente ritrovano fosse comuni e campi minati appare nei nostri media. La guerra è finita. Quale guerra? Perché eravamo in guerra? Dov’è?

La trasformazione dei fatti in eventi comporta anche la loro dissoluzione non appena sorpassano il bordo del televisore-monitor (perché non c’è differenza…). Questa non è una critica, semmai una constatazione, pensando alla quale bisognerebbe anche tenere presente che nell’800 molti intellettuali criticavano il giornale in quanto non dava modo di riflettere sulle notizie, era troppo “frettoloso” ed era un pericolo per la cultura. Un ultima cosa per spiegare meglio come la notizia-evento crei la realtà: cos’è l’UCK? Un esercito? Un gruppo terrorista? Una banda di scalmanati? Dei ribelli? Cosa? Durante tutta la durata della nostra guerra aerea e chirurgica l’UCK ha condotto una sua guerra con tutt’altri metodi, una guerra di cui NOI non abbiamo saputo niente, le vittorie dell’UCK (e ci sono state…) non ci sono state comunicate; l’UCK era inesistente per noi se non quando perdeva. Perché? Mah, stranezze e bellezze del nostro mondo… e pensare che adesso nelle scuole USA va tanto di moda il sesso orale.

Ciao.

Colui che era Sigmund
Luca Rossi

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